
Il primo Warriors-Rhinos...
Era un sabato pomeriggio e in via Serlio non si trovava un posto che fosse uno. Ma l'appuntamento era di quelli da non perdere: da una parte c'erano i titolati, i leggendari Rhinos del sergente di ferro Semko, un soldato americano che sembrava uscito da un telefilm Usa di quei tempi. Sempre elegante, con immancabili RayBan scuri calati sugli occhi. Avremmo capito perchè veniva chiamato così solo alcuni mesi più tardi, quando - dopo una partita della Nazionale italiana ai primi Europei di Castlgiorgio, partita che non l'aveva soddisfatto, fece sdraiare per terra tutti e li bagnò col tubo dell'acqua, fino a sporcarli di fango. Per punizione. Dall'altra c'erano gli emergenti, gli "affamati" Guerrieri che avevano fatto le cose per bene, imponendosi un anno sabbatico prima di affrontare le fatiche del campionato Aifa, per essere credibili fin dal primo match. E c'erano riusciti, i Warriors sponsorizzati Effer, a essere credibili. Tanto che gli aficionados - dai tempi delle prove generali in via Bentini ad allora, erano andati aumentando a vista d'occhio. Per il sollucchero del compianto "Baffo" Fontana - con Iozzi re del microfono - che gridava ai quattro venti frasi evangeliche come "Crescete e moltiplicatevi!" (rivolgendosi a fans) oppure imponendo dittatorialmente di fare il tifo con slogan provocatorii ma efficaci tipo "Tifate, il tifo è un lavoro!".
Ma non divaghiamo. Il campo del Dopolavoro, quel sabato pomeriggio, era pieno stipato. Nelle vesti di "curioso", io e l'amico Fabio, un veterinario che come me si era innamorato di questo sport "cucinato" all'italiana, avevamo preso posto nella gradinata al sole. Eravamo pieni di speranza, dopo aver visto all'opera gli Effer, e cullavamo il sogno di infliggere ai Rinoceronti dell'hotel Manin e del grande Johnny Colombo la prima sconfitta della loro storia.
Ecco il kick off. Subito si fa dura. L'attacco guerriero non trova sbocchi al suo gioco prevalentemente fatto di corse. Al contrario, in men che non si dica, i milanesi si trovano in vantaggio: 6 a 0 con un td non trasformato. Nuovo kick d'avvio e nuova punizione territoriale inflitta a Inzinna & C. L'attacco degli ospiti entra in posizione assai favorevole e, se non ricordo male, conquista un td che si potrebbe quasi definire una meta tecnica. I nostri erano innervositi, gli schemi venivano sistematicamente letti e battuti dalla defense ospite. Sì, i Warriors parevano tecnicamente "ammansiti". Altra trasformazione fallita da parte dei lombardi: 12 a 0. Tutto da rifare, mentre sugli spalti il repentino uno-due aveva decisamente provocato un senso di sconforto. Altro che vittoria storica! qui si perde e di brutto, aveva cominciato a prevedere qualcuno. I soliti gufi? Non c'erano argomenti per poterli smentire. Tutto sbagliato tutto da rifare: ecco l'huddle, i nostri parlano e ci provano.
Le azioni precedenti si erano chiuse con una evidente perdita di terreno, quasi sistematica. Ma ora Petroni chiama, c'è lo snap di Lodi, dall'ingegnere qb l'ovale finisce nelle mani di Joe, sembra una sweep, una solita corsa laterale. Ma che fa il numero 48? Anzichè correre si ferma, attira su di sè la difesa in blitz, all'ultimo lancia l'ovale, centralmente. C'è un wild receiver pronto, Pedrini, passaggio completato, d'improvviso il Dopolavoro esplode. Sulle trenta, sulle venti, sulle dieci! TOUCH DOWN. Fontana fa il suo dovere. 12 a sette! Ecco, stavolta abbiamo una partita. Cambia l'inerzia, c'è ancora tutto il tempo. Benezzoli non sa che fare, Nori viene bloccato subito, Gerosa non è messo in condizioni di ricevere. Turnover dopo il punt. Ancora Warriors! E ancora trick play! Joe si ripete, ecco il suo proiettile in aria ed ecco le mani di Parlangeli (mai nome così appropriato per... salire in cielo) sfidano in elevazione il salto del cornerback. Sembra una lotta a rimbalzo, cestisticamente parlando. Direttamente in end zone, se non ricordo male. paolo afferra l'ovale e ricade sulla terra: TOUCH DOWN, prima del riposo!!! SORPASSO!!! 13 a 12!! Ora il Dopolavoro ha cambiato nome, si chiama dopolapaura. Si è trasformato in un catino bollente. Sugli spalti si salta in piedi, si grida, si lanciano slogan, ci si abbraccia "War-riors! War-riors". Nessuno crede a quello che ha visto. Penso: sì, questo sport merita di essere raccontato, è più che credibile, lo dicono gli sguardi di migliaia di persone in tripudio. A dire il vero ci avevo pensato fin dall'esordio sfortunato con i Grizzlies di Roma, del presidente Nicola Pietrangeli, sfortunato per il ko immediato di Giorgio Longhi (che col senno di poi ebbe due riflessi positivi: regalò al munito gruppo di mediani biancoblù la crescita esponenziale, in responsabilità, di un tailback di lusso come Mandreoli; regalò ai Guerrieri l'anno successivo, quello della consacrazione con la qualificazione al Superbowl di Genova, la carta a sorpresa del "Sergente" destinato a un grande avvenire.
Con tutta la ripresa da giocare, Warriors Rhinos aveva già detto, al di là dell'esito finale, che i Guerrieri meritavano l'appoggio di questa città. Che si trattava di uno sport con la esse maiuscola! Poco importa se, alla ripresa del gioco, i Rhinos trovarono il td del successo di misura. I complimenti dello stesso Colombo alla fine del match, e dei valorosi e sportivi avversari, sapevano di trionfo. I Guerrieri, alla loro prima volta, li avevano fatti traballare. Ma soprattutto avevano posto le basi per la grande storia che sarebbe venuta. E che, di sicuro, non è ancora finita!
Diego Costa











