
Un piacevolissimo incontro.
Sono reduce da Green Bay, nel Wisconsin, dove sono andato per assistere alla graduation di mia figlia Margherita.
Tra le tante belle storie extra familiari accadute, ne ricordo una con particolare piacere e, perché no, con un notevole orgoglio.
Io e Meg abbiamo passato un paio d’ore con un ragazzo italiano che sta vivendo un’esperienza fantastica a tal punto che, nel caso dovesse andare in un certo modo, gli cambierebbe la vita in maniera straordinaria.
Mi riferisco a Giorgio Tavecchio, italiano di nascita e mezzo americano di adozione, di neanche 23 anni che sta tentando di entrare nel mondo del football professionistico americano (NFL) e per farlo deve passare da una delle porti più prestigiose in assoluto, quella dei Green Bay Packers, la storica e famosa franchigia di quel Vince Lombardi che dà il nome anche al trofeo del Super Bowl statunitense.
Per prima cosa il luogo dell’appuntamento: ci incontriamo all’entrata del Lambeau Field, il mitico impianto sportivo di Green Bay dove giocano i giallo/verdi del Wisconsin. C’ero stato qualche giorno prima a fare la classica visita guidata e, come il più sprovveduto dei turisti, ne ero uscito affascinato nel vedere così tanta organizzazione e partecipazione ad un progetto sportivo; il sapere di aver calcato il tunnel attraverso il quale entrano i giocatori (quelli veri) mi ha dato una certa emozione. Eravamo carichi ed ansiosi di veder aprire la porta dello stadio e vedere un quasi pro dal vivo.
Giorgio, al contrario, mi arriva alle spalle, dicendomi che loro si allenano in un impianto vicino al Lambeau, e che lui, dentro all’impianto, ha visto solo gli uffici degli allenatori, neanche il terreno da gioco. Ma che strano, penso io, poi, sapendo dei lavori che stavano effettuando all’interno dell’impianto, non ci faccio molto caso.
Tavecchio è quello che le mamme italiane vorrebbero come amico delle proprie figlie: un ragazzo giovane, dalla faccia pulita, estremamente gentile ed entusiasta della vita, un fisico atletico senza essere un gigante (molto molto carino, mi commenterà a posteriori Margherita). Si scusa del ritardo di cinque minuti, ma stava finendo una partita a carte con un tale Aaron Rodgers che anche io, che non sono certo un conoscitore dei singoli professionisti americani, so bene essere nientepopodimenoche il qb titolare della Packers; con le dovute proporzioni, è come se io uscissi da un ristorante dopo aver cenato e parlato di affari con Bill Gates.
E subito penso: uno che stava giocando a carte con Rodgers, fa in fretta perché deve venire a parlare con un dirigente dei Warriors? Mah, è strano anche questo…..ma un po’ mi lusinga.
Sale in auto con noi e ci spostiamo in un bar dove lui va sempre dopo l’allenamento per rilassarsi e fare un po’ di fatti suoi. E subito immagino un locale pieno di atleti enormi, belle donne, musica potente, immagini di football e tutto il resto. Assolutamente no, un normalissimo ma accogliente bar nel quale ci sono studenti e ragazzi normali con il p.c. e le cuffie per parlare, studiare e fare i fatti loro, senza nessun “eroe” o simbolo della grande America…. terzo dubbio del pomeriggio.
Iniziamo a parlare di tante cose ed attimo dopo attimo, mi faccio coinvolgere dai racconti di Giorgio che con enorme semplicità ed immediatezza, mi parla dei suoi progetti sportivi, della sua vita lontano da casa (la sua famiglia abita in California) di sua nonna che lo aspetta a Saronno per preparargli la polenta, dei suoi sogni, delle sue difficoltà, di alcuni compagni di squadra con i quali ha legato di più. Insomma Giorgio Tavecchio è una persona normale, uno di quei ragazzi che vedo tranquillamente quando vado agli allenamenti dei Warriors, certamente più dotato, ci mancherebbe, ma comunque un’ottima persona entusiasta della sua nuova esperienza. L’intero suo discorso è accompagnato da una motivazione fantastica e, soprattutto, spesse volte condito dall’intercalare “io sono solo un ragazzo fortunato che si trova a vivere quest’esperienza; gli eroi sono altri”.
Sarà anche fortunato, penso tra di me, ma le sue statistiche al College parlano chiaro ed inoltre mi risulta che nel mondo professionistico della NFL non ci sia affatto spazio per le storie di fortuna, servono solo i risultati.
Così passano brillantemente e piacevolissimamente quasi due ore e tutti e tre ci scambiamo opinioni sull’Italia, sul Wisconsin, sulle attese dei giovani e sulle problematiche di reperire un lavoro. Mi chiede addirittura qualche news sulla politica italiana, non gli rispondo perché non parlo di cose sporche davanti a mia figlia!
Giorgio Tavecchio è un ragazzo italo/americano del nostro tempo, che vive con grande passione le sue avventure e sa bene che quest’ultima, se si dovesse chiudere in un certo modo, gli farebbe cambiare decisamente la vita.
Gli porto i saluti del Coach Vincent Argondizzo allenatore dei Warriors e della nazionale italiana che sapevo avergli precedentemente comunicato di NON aspettarlo in Italia per la convocazione nel Blueteam; per quel periodo (fine agosto/primi di settembre) Giorgio avrebbe dovuto avere un altro impegno.
Gli porto anche il saluto dei Warriors e, simbolicamente, di tutti gli italiani che amano questo sport con la speranza di poterlo vedere un domani con una divisa da gioco molto famosa.
Quasi mi sento a disagio a regalargli una maglietta dei guerrieri bolognesi; lui la indossa con piacere e facciamo qualche foto insieme per ricordarci di questo momento che da parte nostra, è stato vissuto con estremo piacere, ma siamo convinti anche da parte sua.
Poi noi abbiamo altri impegni e lui deve andare a casa dal terzo qb dei Packers a farsi spiegare cosa fanno le difese avversarie perché lui fa un allenamento talmente specifico da non sapere sempre molto degli altri reparti. Ma per farsi spiegare i tecnicismi più sofisticati delle difese della NFL, deve pagare pegno: deve cucinare all’italiana……ed anche questo è un ulteriore caratteristica di Giorgio.
Ci siamo lasciati con un preciso augurio: quello di non vederlo certamente nel Blueteam nel prossimo Campionato Europeo a Milano di fine agosto, ma nessuno dei due ha detto il perché……ma io so che lui lo sa.
Paolo











